Un numero crescente di brand ha iniziato a parlare al mondo della “malattia” (e di conseguenza della cura) usando linguaggi e approcci totalmente nuovi.

È il caso di Keeps, che affronta il tema della calvizie – acerrima nemica di tutti gli uomini, soprattutto i più giovani – con un tono ironico e disinibito. Avere un problema non è più una vergogna da nascondere, la vergogna oggi è non fare nulla per risolverlo. Di questo stesso avviso è anche Hims, che aiuta a rompere i tabù sulla salute sessuale maschile così da permettere agli uomini di parlare dei propri problemi con ironia. Foto di cactus, ora nel pieno del proprio vigore, ora avvizziti, sono la metafora non troppo velata con cui presentare la gamma di prodotti per la disfunzione erettile. Queen V infine, vuole porre fine alla stigmatizzazione del tema dell’igiene femminile. Con un processo in 3 facili step offre prodotti per raggiungere, mantenere e quindi godere della propria salute in libertà e spensieratezza.

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I prodotti venduti da Keeps, Hims e Queen V non son tanto diversi da quelli di molti altri competitor che si possono trovare sugli scaffali di farmacie o supermercati, in termini di “prodotto”. Quello che cambia però è il modo in cui si rappresentano e comunicano. Per esempio, balza subito all’occhio l’immagine di marca che usa colori, font e linguaggi visivi inconsueti per rimedi farmacologici.

Ma non è tutto qui. L’operazione (di successo) compiuta da questi brand va ben oltre il semplice imbellettamento di un prodotto già esistente: la rappresentazione estetica della marca e della sua comunicazione sono solo la punta dell’iceberg. Il vero cambiamento riguarda il significato che assume la malattia (o il “problema” fisico o psicologico che affrontano) nell’immaginario di questi brand.

Da intervento a percorso

Il primo cambio di prospettiva è stato rispondere ad uno specifico problema non con un intervento ma con un percorso. Si tratta spesso di condizioni da cui non si guarisce, che implicano la ripetuta assunzione di medicinali e un cambio, spesso radicale, dei propri comportamenti.
La soluzione non è una cura miracolosa che si assume nel momento dell’emergenza, ma un percorso. Un percorso fatto si di pillole, pomate o sciroppi, ma assunti secondo una posologia che si adatta al singolo individuo e al corrente stadio della malattia, accompagnati da comportamenti e buone abitudini che insieme vanno a definire un nuovo stile di vita.

Per permettere all’utente di agire fin da subito e con regolarità, senza stress e senza stravolgere la propria vita quotidiana, questi nuovi brand propongono un modello di business a subscription. Care of personalizza i propri pacchetti di vitamine e integratori in base ai bisogni e alle preferenze espresse dall’utente tramite un quiz online. Questi vengono poi consegnati regolarmente a casa, secondo le proprie necessità sempre modificabili online.

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Curology fa un passo ulteriore nel personalizzare le proprie creme per la cura della pelle secondo le necessità del singolo individuo. Lo fa mettendo in contatto ogni utente con un professionista in grado di identificare e mischiare gli ingredienti corretti per creare la giusta lozione per lui – che a scanso d’equivoci prende proprio il nome dell’utente – e continui a seguirne i progressi.

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Gli utenti sono seguiti e accompagnati nella loro vita quotidiana anche grazie a contenuti appositamente creati per educare i consumatori, consigliando quali comportamenti mantenere, sfatando miti e tenendoli aggiornati su novità e iniziative. Abbonandosi agli assorbenti interni di Callaly, si possono anche leggere, nel loro journal, guide specifiche, interviste ad esperti, storie di donne reali e iniziative sociali.

Dalla vergogna all’orgoglio

Un secondo cruciale cambio di prospettiva è quello di considerare il proprio stato di salute non più come qualcosa di cui vergognarsi ma qualcosa di cui parlare. I brand si mettono in ascolto dei propri utenti, smettono di offrir loro una maschera che nasconda il problema per far finta che non esista. Al contrario vogliono aiutare chi soffre a parlare della propria condizione così da scoprire di non essere da solo, trovando conforto e forza nelle storie di altre persone.

Le esperienze digitali di questi brand sono progettate per offrire quante più occasioni possibili di contatto con esperti e membri della community.
L’ironia con cui Hims normalizza ed affronta i problemi è comune a molti brand. Un approccio più empatico e personale è invece quello di Blume. Le due sorelle che l’hanno fondato hanno provato sulla propria pelle il disagio di non trovare prodotti efficaci e allo stesso tempo convenienti per l’igiene intima e la cura del corpo in fase adolescenziale. Sono partite perciò dalla propria storia e, ispirandosi anche dalle storie di altre ragazze, hanno creato quella che definiscono una ‘gang’ di prodotti dei quali le loro utenti, con le loro storie, sono le migliori testimonial.

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Rotto il ghiaccio ed aperto il dialogo, si costituiscono delle vere e proprie community intorno ai brand. Genneve si presenta più come una clinica online di ascolto che un e-commerce di prodotti per la menopausa. Il tipo di conversazioni che offre alle proprie utenti tocca tutte le possibilità, dal dialogo uno a uno con un esperto al forum con le altre appartenenti alla community.

Dalla paura alla libertà

Un ultimo cambio di prospettiva è quello che porta gli utenti a trasformare la loro paura in libertà. Il vero obiettivo dei brand nominati fino ad ora è quello di rendere i propri consumatori liberi di vivere la propria vita. Senza pensieri, senza paure riguardanti la propria salute. Quando i brand affrontano condizioni che insorgono in un certo momento della vita dei propri utenti, sconvolgendo la normalità a cui erano abituati, devono saper comunicare loro che è possibile continuare a vivere. Non solo è possibile, è anche bello e divertente.

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È un inno alla libertà quello che lancia Queen V, con i suoi colori sgargianti e le foto di donne vere e felici. Vuole dare a tutte la libertà di “dire il termine vagina senza imbarazzo” e di smettere di preoccuparsi per la propria igiene e salute, perché è possibile occuparsene ovunque e in qualunque momento. Hers è un altro brand che crea contenuti ed offre prescrizioni online per rimettere le donne in controllo della propria salute. Convinto che nessuno possa farlo meglio di loro stesse, le aiuta a conoscere il proprio corpo e a rispondere ai suoi bisogni. Thinx dissipa ogni dubbio sul ciclo e sulla tenuta della propria biancheria per il ciclo mestruale con simulazioni di vita reale. Utenti-influencer sono ulteriori dimostrazioni con i racconti delle le proprie giornate sui social.

L’immagine di marca di questi nuovi brand ci racconta una storia più ampia, che va oltre il semplice pack e gli slogan: è la malattia ad aver bisogno di nuovi approcci e linguaggi, non i prodotti farmacologici. Cambiando prospettiva la marca funge cosi da faro, capace di guidare ogni sua manifestazione – da quella visiva al modello di business.

Marta Fontana, Strategic Designer at CBA

È risaputo che la plastica, pur essendo un’invenzione miracolosa nata dalla creatività dell’uomo, non sta avendo un impatto positivo sul nostro pianeta.

Secondo il World Wide Fund sono 8 milioni le tonnellate di plastica che finiscono ogni anno negli oceani, e se nessuno prenderà provvedimenti presto ci saranno più rifiuti che pesci. Questo, oltre a influenzare il benessere dei nostri mari e delle loro creature, condiziona negativamente anche la superficie terrestre.

Il numero di aziende che si sono rese conto di questo problema sta aumentando. Grandi colossi della moda, della finanza e del largo consumo hanno deciso di aderire al New Plastics Economy Global Commitment lanciato da Ellen MacArthur Foundation. Il progetto ha lo scopo di ridurre l’inquinamento attraverso diverse iniziative organizzate in tutto il mondo. Anche WPP, il più grande gruppo al mondo dedicato ai servizi di comunicazione di cui siamo parte, ha aderito al progetto.

Questo impegno si traduce in piccoli gesti quotidiani che ogni organizzazione può mettere in atto. Secondo Mark Read, CEO di WPP: “Il nostro settore ha il forte potere collettivo di apportare cambiamenti in meglio, ma i nostri sforzi devono iniziare da casa. Togliere la plastica da Wire & Plastic Products eliminando gradualmente la plastica monouso nei nostri uffici è solo il primo step.”

CBA si è posta l’obiettivo di compiere scelte orientate alla responsabilità, per dare il proprio contributo a un futuro più sostenibile e diventare promotore di comportamenti virtuosi, ispirando clienti e partner. Con il progetto “Plastic Free” puntiamo a eliminare progressivamente la plastica usa e getta dagli uffici, sostituendola con prodotti riciclabili o a impatto zero.

Abbiamo smesso di utilizzare la plastica monouso durante gli eventi, gli incontri e le riunioni con i clienti: posate, bicchieri e bottiglie di plastica sono scomparsi, sostituiti da vetro, metallo e ceramica.

Si è scelto di installare un erogatore collegato direttamente alla rete idrica in grado di sostituire le bottiglie attualmente utilizzate, garantendo allo stesso tempo la distribuzione di acqua di qualità. L’introduzione del dispenser ha incentivato l’utilizzo da parte di tutti i collaboratori di borracce e brocche riutilizzabili, dimostrazione di come scelte di questo tipo conducano a una forte sensibilizzazione collettiva.

Questo è solo il primo passo di CBA per incentivare la sostenibilità nell’ufficio e per dare il buon esempio agli ospiti che tutti i giorni vengono a trovarci.