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Il più grande cinema del mondo non ha sale, il più grande negozio del mondo non ha luoghi fisici dove acquistare, il più grande albergo del mondo non possiede neanche una stanza, il più grande servizio di taxi non possiede neanche un’auto etc etc. Questo adagio si sente spesso ultimamente: capire a chi si riferisce è semplice, e accorgersi che davvero è così fa un certo effetto.
Entrando nel dettaglio si scopre che la realtà è più complicata di una frasetta pensata per stupire, sia per quanto riguarda l’origine online del successo (Netflix ha iniziato spedendo dvd via posta), la presenza fisica (Amazon ha aperto a Seattle un negozio-esperimento) e le strategie di acquisizione (Uber ha comprato una startup di tir più per la tecnologia di autoguida che per i camion).
I nuovi giganti cresciuti nell’online, che hanno scompigliato i loro mercati replicando un modello di business fondato sulla non proprietà degli asset, sembrano oggi guardare con interesse all’acquisto di forma di proprietà fisica.
Ma non è per tutti così. In che direzione si stanno muovendo oggi queste aziende?
Amazon e Alibaba stanno investendo nell’acquisto di catene di negozi fisici. Qualche mese fa Amazon ha comprato Whole Foods (specializzato in cibo biologico) mentre Alibaba ha acquistato una partecipazione rilevante di Sun Art Retail, il Wal-Mart cinese. Più che una reale volontà di aggressione del mercato offline, queste strategie sembrano avere valore di “prototipo” verso l’integrazione definitiva delle esperienze on-line e off-line.
Airbnb ha iniziato negli US ad investire in alcuni complessi di appartamenti, costruiti da zero e gestiti secondo delle modalità nuove, perfette ovviamente per un inquilino che sarà host ma che soprattutto è esso stesso un viaggiatore che viaggia molto di frequente.
Uber ha tentato li modello dell’acquisto delle vetture a Singapore, con scarso successo. Sta però investendo in rivoluzionari taxi volanti di cui presumibilmente dovrà detenere il possesso. (Resta poi la domanda su come gestire in futuro un modello asset-free con mezzi privi di guidatore: il proprietario mette la macchina con l’autoguida, lavora per Uber ma stando a casa?)
Per Netflix, data la natura del mondo in cui opera, la dinamica è stata simile ma senza mai lasciare l’immateriale: penetrazione dirompente del mercato e investimento dei guadagni per sfrancarsi dalla dipendenza dai leader dell’intrattenimento: quindi, in questo caso, la produzione di contenuti originali.
Due sono le lezioni da trarre:
Anche nell’offline, dove fino a ieri la definizione dei rapporti di forza e dei servizi era in mano ai grandi attori tradizionali, oggi le regole sono dettate ogni giorno di più dai disruptor asset-light.
Tutti loro sembrano guidati dalla stessa legge che molte aziende grandissime, ora scomparse, hanno invece ignorato: pensa a reinventarti prima di doverti reinventare.
Alberto Gianera
Strategic Designer
Referenze:
Cosa significa costruire un’identità di marca? Dare forma alla personalità del brand attraverso un linguaggio visuale ed iconografico, una comunicazione efficace o ancora il design di ogni singolo touchpoint: tutti elementi che ne determinano la percezione e la reputazione da parte del suo pubblico. Quella percezione non solo razionale ma anche profondamente emotiva ed istintiva, da cui dipenderà il gradimento e di conseguenza il successo del marchio.
L’immagine visuale non è la sola risposta però.
Come porto il mio brand sul mercato? Come raggiungo i miei consumatori? Attraverso quali canali e quali azioni? Attraverso quali forme l’identità di marca viene percepita dai suoi consumatori? Come arriva alla testa (e al cuore) degli utenti? La strategia di go-to-market è la risposta. Rispondere a queste domande significa pianificare una strategia utile a costruire una relazione con i nostri clienti. A seconda della combinazione dei fattori che si scelgono di implementare, la percezione del brand da parte degli utenti varia notevolmente e, di conseguenza, anche l’identità di marca ne risente.
L’identità di marca non è dunque il frutto (solo) della sua immagine visuale ma anche della combinazione di tutti i canali e le azioni che vengono intraprese dal brand per costruire la relazione con i propri clienti.
Le diverse combinazioni danno vita a percezioni del brand diverse e, di conseguenza, ne influenzano fortemente l’identità di marca.
Vorwerk Folletto
L’azienda di origine tedesca sbarca sul mercato italiano nel lontano 1938 con una nuova tecnica di vendita: il modello porta-a-porta, una tecnica che ancora oggi viene largamente utilizzata per alcune tipologie di prodotti. Il valore principale che il marchio voleva trasmettere al consumatore era (ed è) la lealtà. Il brand utilizza la forza dell’economia di relazione, basata su un rapporto umano autentico, che genera un clima di fiducia positivo nei consumatori per posizionare e differenziare i propri prodotti sullo scenario competitivo. Il prodotto che vendono costa di più rispetto ai competitor e spesso è difficile da comprendere in tutte le sue funzioni o da utilizzare in tutte le sue modalità: una dimostrazione in casa, accompagnata passo passo dall’interazione con il venditore, risulta fondamentale per convincere e per colpire il target di riferimento. Di conseguenza questo genera un legame di fiducia verso il venditore e nel brand di cui è ambasciatore.
Nestlé Brasile
La stessa strategia di vendita porta-a-porta è utilizzata dalla multinazionale Nestlè nelle principali metropoli brasiliane, la quale usa un network di micro-distributori e venditori individuali che con un carretto riescono a raggiungere i posti più inaccessibili della città. Implementando questa strategia, il marchio è riuscito a dare lavoro a moltissime donne provenienti dalle zone più povere e a vendere il proprio prodotto in zone difficili da raggiungere o del tutto inaccessibili. Inoltre vendendo cibo a basso prezzo, il brand è stato ben accolto dalla popolazione trasmettendo in loro un sentimento di fiducia e di reciproco sostegno. Un brand “vicino” a te, non solo attraverso ciò che ti comunica dunque, ma anche nella modalità attraverso la quale ti raggiunge ovunque.
Supreme
Una delle strategie più in voga e più chiacchierata del momento è quella del “drop”. Supreme applica questo modello di vendita rilasciando nuovi prodotti ogni giovedì mattina nel suo store online e nei suoi cinque store nel mondo. Questa strategia ha generato un traffico fisico e virtuale senza precedenti, circa 1 miliardo di visualizzazioni in un drop del 2016, aumentando del 16.800% il traffico sul sito internet e creando code anche di giorni davanti ai negozi. Questa strategia affiancata ad una campagna di comunicazione che trasmette gli stessi valori di esclusività, ha permesso al brand di raggiungere questa immagine elitaria, inaccessibile ed estremamente affascinante.
L’esperienza dei tre casi studio racconta come la strategia di go-to-market, la scelta dei canali attraverso i quali raggiungere i propri clienti, le modalità di interazione con loro, la frequenza della relazione e le azioni chiave intraprese dal brand sono parte integrante dell’identità stessa del marchio. Essere un brand leale, passa attraverso la relazione umana e approfondita con chi vende il prodotto (nel caso di Folletto); brand vicini alle esigenze quotidiane, sono gli stessi che ti raggiungono ovunque (Nestlé); essere esclusivi infine, non è solo questione di oro e paillettes, ma di intelligenti strategie di vendita (Supreme).
Come raggiungo e parlo ai miei clienti, è il cuore stesso della mia identità di marca.
Irene Serafica
Strategic Design Lead
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