Siamo alla fine degli anni ’50, più precisamente nel 1957. Il boom economico è al suo apice, la Russia si appresta a lanciare lo Sputnik, viene pubblicato il libro On the Road di Jack Kerouac e in Italia esordisce sul mercato automobilistico la Fiat 500. In questo clima di progresso e sviluppo, anche la tipografia è in uno dei suoi momenti d’oro. Fino ad allora la comunicazione visiva si esprimeva con le linee dell’Akzidenz-Grotesk, emblema dello Stile Tipografico Internazionale (o più comunemente Swiss Style). In quello stesso anno escono sul mercato tre pietre miliari della tipografia: l’Helvetica, il Folio e l’Univers, progettato da Adrian Frutiger, uno dei typeface designer più influenti e prolifici del XX secolo.
Traendo ispirazione proprio dall’Akzidenz, Frutiger crea per la fonderia Deberny e Peignotl’Univers, una delle prime famiglie di caratteri con diversi pesi, larghezze e inclinazioni.
L’intento del lavoro è quello di creare un sistema unico che permetta ai designer di realizzare progetti grafici con un solo carattere, nelle sue varie declinazioni.
Oltre ad essere un vero capolavoro in termini di disegno delle lettere, l’Univers introduce un sistema di classificazione e riconoscibilità rivoluzionario per l’epoca: il sistema di classificazione a due cifre.
Fino ad allora il sistema di nomenclatura dei font riportava oltre al nome anche il peso e la larghezza, il tutto nella lingua di origine del carattere. A titolo esemplificativo, in Germania un semi bold italic era chiamato “halbfett kursiv”, in Francia un bold era chiamato “gras”, in Italia “grassetto” o “neretto” e così via.Questo sistema generava (e genera tuttora) grandi fraintendimenti sull’identificazione di un font. Caso emblematico è la differenza tra “thin” o “ultra light” che non chiarisce immediatamente quale peso sia più sottile.
Con l’introduzione dell’Univers, questo sistema di classificazione viene superato in favore di un approccio molto più semplice. Il sistema a due cifre consiste in un prefisso (il primo numero) che definisce il peso e in un suffisso (il secondo numero) che definisce la larghezza e l’orientamento (romano o corsivo).
Per esempio Univers 39 definisce il font di peso leggero (3) di larghezza ultra stretto (9), mentre Univers 83 indica il font di peso nerissimo (8) esteso (3). Con cifre pari nel suffisso si indicano le varianti oblique. Questo sistema è utilizzato ancora oggi nelle famiglie di caratteri che, come l’Univers, hanno molte declinazioni al loro interno.
Con questo strumento i progetti grafici raggiungono quell’uniformità gerarchica, semplice e meravigliosa, consacrando l’Univers come una delle famiglie tipografiche più influenti della storia.
Lo stile svizzero tuttavia non è confinato solo in patria. Anche colossi come Deutsche Bank e General Electric hanno utilizzato per molti anni versioni modificate (ma sempre ben riconoscibili) del carattere per la loro identità visiva.
L’Univers è anche il carattere utilizzato per le Olimpiadi del 1972 e del 1976. La comunicazione di Otl Aicher dell’edizione del 1972 di Monaco, in particolare, rappresenta uno dei progetti di comunicazione più importanti e meglio riusciti della storia del design, grazie anche all’eleganza e alla linearità della tipografia.
Altri esempi di utilizzo per brand famosi comprendono le identità visive e loghi di Unicef, ebay e Audi.
La stessa Apple, sempre molto attenta all’aspetto tipografico, ha adottato fino al 2007 uno stile dell’Univers per i pulsanti delle tastiere dei suoi computer, prima di passare al VAG Rounded prima e al San Francisco poi.
Il fascino dell’Univers rimane intatto fino ad oggi, dove i caratteri grotteschi in particolare stanno vivendo un periodo di grazia, utilizzati in lungo e in largo dai designer di tutto il mondo.
In una delle sue ultime interviste, Adrian Frutiger racconta l’origine del nome del carattere, affermando che la sua idea fosse quella di chiamarlo Le Monde. Ma Charles Peignot, proprietario della fonderia Deberny e Peignot, bloccò l’idea sul nascere, dichiarando in maniera perentoria: “No, no. Univers”. Insomma, il mondo non era abbastanza per l’Univers.
Davide Molinari, Senior Visual Designer at CBA